I ragazzi con sordità figli di genitori udenti vengono solitamente esposti solo al linguaggio orale piuttosto che alla lingua dei segni o ad entrambi. Solitamente sono portatori di protesi acustiche o hanno un impianto cocleare. I genitori udenti, infatti, alla diagnosi di sordità del bambino, non conoscono la lingua dei segni e se prendono la decisione di usarla come canale comunicativo col figlio, devono apprenderla nel minor tempo possibile.
Se fin dalla diagnosi il bambino non ha mai manifestato disagi o difficoltà di accettazione della sordità, va tenuto conto del fatto che l’adolescenza sia un periodo complesso da vivere per qualunque ragazzo. Nel ragazzo con ipoacusia è un periodo di sviluppo che da una parte attenua le specificità proprie della disabilità sensoriale lasciando percepire che l’adolescente con sordità sia identico al coetaneo udente; dall’altra parte le caratteristiche della sordità vengono enfatizzate e possono determinare una profonda diversificazione passando il messaggio che l’adolescente con sordità sia del tutto diverso dal coetaneo udente.
Occupandoci delle caratteristiche del ragazzo ipoacusico, i cambiamenti e le trasformazioni legate all’adolescenza possono fargli percepire la sordità come un problema: il ragazzo inizia ad interrogarsi rispetto alla propria sordità chiedendosi quanto questa inciderà sulla sua vita e quale posto potrà occupare nel mondo nonostante la sua disabilità.
Il ragazzo ipoacusico oralista, dal un punto di vista psicologico, crescerà con la consapevolezza di dover sopperire ad un suo deficit o ad una sua mancanza in quanto usa un canale comunicativo che non è di fatto il suo canale preferenziale perché carente.
Forse frequenterà altri ragazzi con sordità come lui, specie se iscritto ad associazioni per ragazzi e famiglie di ragazzi audiolesi (ad esempio ALFA), ma avrà sempre la sensazione di rincorrere una “normalità” che gli è stata negata e che non potrà mai raggiungere.
Il disagio fisico naturale provato dall’adolescente, sommato a una mancanza fisica reale come la carenza uditiva, creano sentimenti di inadeguatezza ed inferiorità che talvolta il ragazzo cercherà di fronteggiare negando a sé e agli altri la sua sordità (ad esempio eviterà di indossare le protesi o non dirà a compagni ed amici che le indossa) ma andando ad aggravare le conseguenze della sordità con importanti ripercussioni sul livello di autostima e sulla qualità delle relazioni.
Non sapendo che il loro amico/compagno ha una difficoltà uditiva che porta importanti conseguenze a livello linguistico, gli altri ragazzi non ne capiranno alcuni comportamenti, come ad esempio il fatto che se non c’è un contatto visivo diretto ed adeguato il ragazzo non interagisce e non risponde agli stimoli uditivi, e tenderanno col tempo ad isolarlo se non addirittura deriderlo.
Per questi ragazzi, infatti, non è semplice farsi accettare dai coetanei udenti proprio in una età in cui i ragazzi, faticando ad accettare i propri difetti corporei, tendono ad avere altrettanta difficoltà di accettazione della diversità altrui.
La situazione dell’adolescente con sordità viene inficiata anche dall’identificazione del ragazzo col genitore dello stesso sesso, tipica dell’evoluzione dell’adolescenza, complicata in quanto il figlio percepisce il genitore udente come diverso da lui e inarrivabile con conseguenze negative sulla costruzione dell’identità che, in questi ragazzi, può apparire molto fragile già da età molto precoci.
I ragazzi con sordità figli di genitori udenti avranno quindi difficoltà nella relazione con i pari udenti sia per le difficoltà di comunicazione che per la difficoltà di accettazione della diversità.
Intervenire col ragazzo ipoacusico è fondamentale. Necessaria al suo normale sviluppo è l’accettazione della sordità, ma prima ancora la sua comprensione. Il ragazzo ha bisogno di capire che non si tratta di una vergogna e va aiutato a trovare e servirsi delle risorse che gli permetteranno di sopperire alla sua disabilità. Va trasmesso il messaggio che le relazioni possono essere difficili ma non impossibili e che verrà accettato nonostante la sua “diversità”. Un’ottima base è un buon rapporto genitore-figlio che si basi sulla fiducia e sulla complicità in modo tale che il ragazzo possa confidarsi ed affidarsi ai genitori, specie nelle prime fasi adolescenziali in cui sarà invaso da dubbi e paure.
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